mercoledì 12 novembre 2014

L'uomo che parlava con le pietre. 1 premio Concorso Michele Lessona museo delle scienze naturalistiche di Torino



1° PREMIO L’uomo che parlava con le pietre
Sezione Le rocce raccontano
Autrice Chiara Bezzo – Torino
Motivazioni: è un racconto poetico pur nella precisione scientifica della spiegazione dei
fenomeni della montagna sacra, la montagna dei sogni. Una commistione brillante, di due
mondi e due culture. La descrizione dei luoghi è particolarmente suggestiva, ricco di
nostalgia il ricordo dei tempi passati, sensibile e delicata l’esposizione dei sentimenti della
guida aborigena. L’autrice si muove entro i margini dell’argomento prescelto con stile
scorrevole e scrittura gradevole rendendo il racconto compatto, lineare e pieno
d’atmosfera. 



L’ emozione gli serrò il respiro benché fosse la terza volta che atterrava
nell’aeroporto di "Ayers Rock" . La montagna sacra si ergeva impetuosa di fronte a
lui con il suo colore di fiamma. Non si stupiva del valore ultraterreno che le genti del
luogo le attribuivano. Maestosa, lanciava raggi agli stranieri che profanavano quel
sito, che sin dai tempi antichi era ritenuto sacro. Leonardo immaginò lo
sbalordimento provato dal primo esploratore europeo trovandosi il massiccio, di cui
si ignorava l’esistenza, di fronte. Sicuramente lo stupore iniziale si era ramificato in
emozioni potenti e discordanti: meraviglia, incanto, entusiasmo e paura. Il timore,
che da sempre l’essere umano prova di fronte a scenari naturali, che neanche le
menti più fantasiose riescono ad immaginare. L’imponente roccia arenaria, con le
sue pareti a strapiombo, appariva un pianeta a sé. La luce rossa prodotta dai
feldspati, simultaneamente alla struttura ferrosa dovuta all’ossidazione, rendevano la
roccia simile a un sole incandescente.
Scese dall’aereo, recuperò il bagaglio.
Akielah attendeva Leonardo all’esterno del piccolo aeroporto. Lui scorse
immediatamente la jeep. La donna era appoggiata all’auto con la schiena; quando
vide il giovane il suo viso non mutò. Leonardo si avvicinò alla ragazza, le stese la
mano che lei decisamente strinse. Ancora una volta Leonardo si stupì della forza,
che quella donna apparentemente esile, racchiudeva in sé. Nelle sue visite
precedenti al sito archeologico aveva avuto modo di conoscerla. Dapprima, era
rimasto stupito, che una donna aborigena guidasse gli studiosi. Ora che ne
conosceva la storia, la apprezzava e stimava.
Il viaggio iniziò in un silenzio che si protrasse per una decina di minuti, sinché
Akielah, con il suo inglese perfetto disse: “Il serpente si spoglia della pelle morta.”
Lui sapeva che la sua guida si riferiva alla montagna come a una roccia dotata di
vita propria, portandole il rispetto che da millenni gli aborigeni australiani dedicavano
a Uluru. Leonardo tacque. La giovane donna proseguì, usando un linguaggio più
consono allo studioso: “Le scaglie che si staccano dalla superficie sono di spessore 3
sempre identico. La forma non muta mentre rimpicciolisce continuamente.” Leonardo
conosceva perfettamente le dimensioni di quel monte sacro. Lui non notava alcun
cambiamento di dimensione. Il monte gli appariva più maestoso che mai con i suoi
348 metri di altezza, 2,5 km di larghezza e i 9 km di perimetro. La donna meravigliò
il giovane intuendo il suo pensiero e disse: “Ogni buca ha un suono atavico e man
mano che rimpicciolisce se ne ode il canto.”
La montagna era per gli aborigeni il Luogo Sacro dei Sogni; nella sua visita
precedente la giovane gli aveva spiegato che ogni fessura, avvallamento e solco
possedevano un significato. La donna proseguì: “A te può sembrare semplice
umidità ma il serpente velenoso ha lasciato il segno con il suo sangue.” Indicò i fori
di un masso e proseguì: “Sono gli occhi di un nemico ucciso milioni di anni fa e
quello…” mostrando una sporgenza “ Quello è il naso di un nostro antenato che ora
riposa.” Il viaggio proseguì in silenzio. Alcuni minuti dopo, la giovane accostò la jeep
accanto all’entrata di un hotel. Entrambi scesero dall’auto. Akielah finalmente sorrise
dicendo: “Sono felice di rivederti. Passo domattina alle 6. Sii puntuale.” Risalì
sull’auto e partì prima che lui potesse dire qualcosa. Lo studioso ebbe l’impressione
che quella donna non esistesse realmente.
Leonardo era titolare di una cattedra universitaria in scienze naturali: la passione
principale, a cui aveva dedicato i suoi studi e la sua vita, era il mondo minerale.
Pur avendo da poco superato la trentina, aveva girato quasi tutto il mondo,
partecipato a innumerevoli convegni, ascoltato i principali scienziati viventi, da cui
aveva appreso ogni nozione e singolo insegnamento. Sul campo aveva imparato a
scoprire il mondo minerale. I colleghi e i suoi alunni lo chiamavano
L’uomo che parla con le pietre. Lui non se la prendeva e li lasciava dire…La realtà
era diversa e molto difficile da spiegare. Lui non parlava con le pietre ma lasciava
che fossero i minerali a raccontare la loro storia. Talvolta doveva spingerli a farlo con
ricerche e studi, altre volte soltanto osservandoli, loro si lasciavano spogliare
lentamente come una donna quando vuole affascinare e mostrarsi pian piano
all’occhio dell’amante. Lui riusciva a tracciarne in modo approfondito la storia. Uluru
era la località per eccellenza. Il mondo minerale predominava su tutto il resto.
L’uomo per comprendere il linguaggio di quel territorio così lontano, geograficamente 4
e culturalmente dalla vecchia Europa, si faceva aiutare da Akielah. La giovane era
molto simile a lui, così legata al mondo minerale, come se possedesse un cuore di
cui lei sentiva il battito rispettandone ogni piccolo sussulto. Ancorata alla terra,
rispettosa della natura in ogni sua forma, e modernamente intelligente da essere
riuscita a ritornare all’origine, traendo il massimo sia dalla cultura anglosassone che
da quella aborigena. Akielah era stata sottratta alla famiglia in cui era nata per
essere adottata da una coppia inglese. La ragazza aveva accettato il destino senza
ammalarsi di rabbia; non appena aveva ritenuto che i tempi fossero maturi era
tornata nella sua terra. Non provava rancore per i genitori naturali che l’avevano
lasciata andare senza opporsi e amava la famiglia adottiva, che le aveva dato la
possibilità di studiare e laurearsi. Era il destino. Ciò che il grande Dio Dei Sogni
aveva deciso per lei. Akielah non era la tipica guida turistica. Non avrebbe retto la
curiosità di turisti superficiali, che con pensieri e interessi low cost, si servivano delle
guide. Secondo Akielah questa gente si riempiva gli occhi e nulla più. Non
vedevano realmente; erano alla ricerca continua di souvenir da riporre sul loro bel
mobilio o da regalare agli amici. Non vi era in loro passione ma unicamente il
desiderio di pestare con le loro scarpe la terra sacra. Lei non voleva profanare il suo
mondo con impronte di piedi vuote. La donna guidava gli studiosi veri, o coloro che
intuiva avrebbero rispettato la sua terra, senza denigrare o deridere la storia che
essa narrava. Akielah aveva provato immediata simpatia per quello studioso italiano
che parlava con le pietre; aveva accettato di buon grado di accompagnarlo sul Kata
Tjuta. Lei conosceva percorsi alternativi, che avrebbero permesso loro di non
incappare nelle decine di turisti che in fila indiana, simili a migliaia di formiche,
assaltavano il sito con i loro flash.
Akielah la mattina seguente, come previsto, si recò all’albergo in cui soggiornava
Leonardo. Lui l’attendeva puntuale. Il breve viaggio iniziò. La donna guidava e lui
poteva osservarla in silenzio, senza crearle imbarazzo. Era molto bella, di quelle
bellezze diverse, non asfittiche e identiche nei lineamenti, come si usa nel vecchio
continente. Akielah era di pelle ambrata, con grandi occhia mandorla contornati da
lunghissime ciglia scure. Il naso, era lievemente largo, e sarebbe stato del tutto
sbagliato in un viso diverso. In lei non perdeva armonia e sottolineava le sue origini. 5
La bocca grande e carnosa, lievemente inarcata verso il mento, le attribuiva un’aria
corrucciata. Akielah sentendosi osservata disse: “Mi stai studiando. Guarda altrove
uomo bianco.” Lui rimase un attimo in imbarazzo quando la ragazza, questa volta
sorridendo, disse: “Mantieni l’attenzione sulla scalata che devi compiere. Non
sprecare energie. Fa molto caldo e non sarà una passeggiata.” Continuarono il
breve viaggio in silenzio.
Akielah arrestò l’auto a qualche centinaio di metri dal sito. Si fasciò il capo con un
foulard, indossò occhiali da sole molto scuri e si mise sulle spalle un piccolo zaino
contenente l’occorrente per il primo soccorso. Lui la imitò e afferrando la borraccia
bevve un sorso. Akielah determinata disse. “Uomo che parla con le pietre, dovresti
sapere che se inizi ora a bere, le gambe non reggeranno il caldo e avrai sempre più
sete.” Lui chiuse la borraccia e insieme intrapresero la camminata.
Il colore del cielo era mutato e sembrava spennellato di blu. In lontananza si vedeva
Uluru, che s’ innalzava con il suo colore di fiamma. Ogni tanto un uccello emetteva
un suono, quasi ad avvertire gli animali del monte, che due estranei erano entrati
nel loro mondo. Akielah, dopo alcuni minuti di marcia, si voltò verso lo studioso,
notandone il viso madido di sudore. Finse di non accorgersene e disse: “ Kata Tjuta
nel linguaggio Pitjantjajara significa molte teste, anche se gli europei gli hanno
rubato l’identità chiamandolo Olga.” Lui, pur conoscendo bene le origini del nome, la
lasciò continuare: “Ferdinand von Mueller era stato nominato barone, e per
sdebitarsi con il re, ha deciso di chiamare il monte, Olga. Ciò in onore della regina
Olga di Württemberg ,che aveva da poco festeggiato il venticinquesimo anno di
matrimonio con il re Carlo I” La ragazza rimase qualche secondo in silenzio, poi
amaramente aggiunse: “Ci hanno portato via tutto perché eravamo inesistenti per
loro…Ci hanno privato del nostro nome, delle nostre famiglie .” Leonardo
camminando qualche metro dietro ad Akielah non poteva vederne il volto, sebbene
ne percepisse lo strazio. La donna dopo qualche attimo recuperò la calma e riprese:
“ La nostra visita è possibile poiché siamo nella stagione secca e il serpente
Wanambi è sceso a valle. Nella stagione delle piogge lui dorme in questi anfratti.
Disturbarlo sarebbe sacrilego.” Finalmente i due giunsero sulla cima del monte. La
ragazza rivolse un sorriso a Leonardo, concludendo. “Ora puoi bere e riposarti. Non 6
tocca più a me intrattenerti per farti dimenticare la calura e la stanchezza.” Lui fece
un cenno di assenso e fu sul punto di dire qualcosa ma la ragazza lo anticipò “Sotto
quella roccia troverai una grotta. Lì sarai al riparo del calore e potrai dedicarti allo
studio. Se avrai bisogno di me, mi troverai qua.” La ragazza si sedé a terra con le
gambe incrociate, sotto un sole potente che rendeva la magia del luogo quasi
ultraterrena. Il giovane si allontanò da lei. Seguendone il consiglio, entrò nella
caverna. Il buio lo avvolse. Le pupille di Leonardo si dilatarono per assorbire la luce.
Dopo alcuni minuti l’ambiente parve in penombra. Dall’interno della grotta, lo
studioso poteva osservare Akielah che si riparava dal sole e seduta su un masso
osservava la sua terra. La bocca della donna si muoveva lievemente. Lui pensò che
stesse pregando. Rimase qualche istante a osservarla, finché l’amore per il mondo
minerale, catturò completamente la sua attenzione e iniziò a guardarsi intorno. La
roccia era composta da granito, basalto e scisto; lui era salito sin lassù sperando di
poter entrare spiritualmente dentro la roccia, lasciando che questa raccontasse la
sua storia. Con le mani sfiorò le pareti e presto le sue dita percepirono qualcosa. Fu
un attimo …e comprese la motivazione per cui Akielah lo aveva condotto lì. Pitture
antiche riproducevano uccelli che si dirigevano verso uno stuolo di canguri. Per
qualche secondo non respirò, immerso nella magia di quella storia antica millenni. Si
affidò al tatto e chiuse gli occhi …Ora doveva solo ascoltare i minerali. Lui doveva
avere la sensibilità di ascoltare il battito di quel cuore, che pur essendo nascosto,
c’era. Lo avevano sentito le popolazioni aborigene, il pittore che aveva dipinto,
usando materiali semplici come acqua, resina e sangue. Doveva lasciarsi guidare
dall’istinto e permettere che l’uomo atavico che risiedeva in lui si risvegliasse. Sentì
un suono continuo, quasi una nenia ; comprese che si trattava dello strumento sacro
degli aborigeni, il didgeridoo e si lasciò trasportare indietro nel tempo. Le rocce
attorno a lui erano le stesse di quella misteriosa popolazione che si trovava da
40000 anni sulla terra. Rivide i disegnatori, appartenenti ai diversi clan, dipingere
sulle pareti della grotta: canguri, uccelli, la creazione del mondo…Quella era la
montagna dei sogni e ciò che veniva sognato o dipinto, secondo il credo aborigeno,
si avverava . I minerali trasudavano sangue. Vide dita macchiate di saliva, sangue e
resina, che tracciavano segni. Rimase incantato senza provare la minima paura. Poi 7
udì il pianto di un popolo inesistente per il resto del mondo. La terra che aveva dato
i natali a loro, ai loro padri e agli antenati, per molto tempo era stata dichiarata la
terra di nessuno. A un tratto, sulla roccia rossa, apparve una bambina dai capelli
lunghi e neri strappata dalle braccia della madre. Leonardo pianse. Pianse per
Akielah e per quel popolo pacifico che credeva nei sogni. Un grosso canguro le
passò di fianco, seguito da un uomo di 20000 anni fa munito di arco, e con il corpo
rivestito di pittura e cicatrici, di cui molte, sicuramente auto inferte come sacrificio
alle divinità. I minerali parlavano, raccontavano e mostravano a Leonardo ciò che
sino ad allora aveva studiato sui libri. Improvvisamente, sentì un canto armonioso
provenire da una voce femminile. La melodia era poetica e molto dolce. Seguì la
voce. Seduta sul masso in cui l’aveva lasciata Akielah cantava ai fiumi, ai monti, al
deserto, al sole e alla luna. Rimase ad ascoltarla per un tempo indefinito. Soltanto
quando la ragazza si voltò verso di lui, comprese che piangeva. Gli si avvicinò. Lei si
ricompose e disse: “Torniamo a valle ora” Il caldo si era ridotto. Lui rimase sospeso
a guardare l’orizzonte. Tra il rosso della montagna a 35 teste, avvistò il più
bell’arcobaleno che mai gli fosse capitato di vedere nei suoi molteplici viaggi.
Rimase incantato. Un attimo dopo qualcosa si mosse su una cima lontana, assai
simile alla coda di un mastodontico serpente. Akielah sorrise e guardando Leonardo
disse: “Wanambi ti dà il benvenuto e ti regala l’arcobaleno.” Leonardo quasi senza
rendersene conto tese la mano ad Akielah e non fu più uno straniero, ma sentì di
appartenere a quel popolo e a quella terra, ritenuta per troppo tempo la terra di
nessuno.
Dalla cima del monte, le rocce apparivano, grazie ai colori dello sfavillante
arcobaleno, ancora più luminose e mentre loro scendevano dal monte, si udì un forte
sibilo che per un attimo li colpì con un vento forte e caldo. I due guardarono in alto;
una sagoma di serpente si accartocciava sulle cime per riposare. 

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